martedì 1 luglio 2008

Cenni di storia del tessuto (VII - XIV secolo)

da: L'antico tessuto d'arte italiano nella mostra del tessile nazionale. Roma, 1937

I più remoti impulsi all'arte tessile italiana, vanno ricercati nelle stoffe copte, e soprattutto in quelle orientali.

Le prime, esumate dalle tombe, riflettono l'arte dell'Egitto nella nuova luce del Cristianesimo, dal IV fino al VII secolo circa, allorché venne sopraffatto dalla conquista araba (a. 641) che vi propagò la sua civiltà e la sua religione: in esse elementi egizi, ellenistici ed anche orientali s'innestano a spiriti e modi che attestano il persistere della tradizione romana. Le altre diffondono per tutto l'Occidente il sorriso di quella brillante fantasia che colora i primi canti del poema cristiano e innova gli schemi decorativi classici riflettendovi l'eco di un mondo favoloso, di animali e vegetazioni fantastiche, l'ardenza di una colorazione che gareggia con le gemme in lustri e splendori.Le stoffe copte sono intese con una tecnica impressionistica, a macchie vivaci di colori, a notazioni rapide di movimento e di azione, con una spigliatezza naturalistica che non esclude l'estro di trasformare con senso ornamentale sia la figura umana e quella animale, sia il mondo delle forme vegetali e geometriche.Nel Museo Correr di Venezia, in quello di Palazzo Venezia, nel Museo Artistico Industriale di Roma... sono conservati frammenti tipici di questo cospicuo materiale d'arte tessile.
Tipicamente alessandrino è un frammento di stoffa che raffigura Sansone in atto di sbranare il leone, in accordo di rosso e giallo, in cui l'azione determina vivaci ritmi lineari conservato nel Museo Nazionale di Firenze. I tessuti alessandrini erano dei più pregiati fra quelli dei primi secoli del Cristianesimo, e Alessandria, più che la Siria, fu l'emporio massimo di esportazione verso l'Occidente.Quando in Oriente s'accese il fulgore dell'arte bizantina, nella quale confluivano elementi romani, ellenistici, sassanidi, siriaci, come in un potenziamento del genio orientale, se l'arte nostra ne risentì l'influsso specie nel dominio delle manifestazioni decorative, ciò non avvenne senza un intricato gioco d'interferenze e di scambi non ancora pienamente chiarito. E se l'importazione di stoffe bizantine dovè essere copiosa, come attesta, fra l'altro, il Liber pontificalis romano, non difettarono pertanto le interpretazioni e derivazioni da quei modelli, fra le quali si trovavano certamente molte delle stoffe mandate in dono dai papi ai sovrani d'oltralpe.S'annoverano parecchie stoffe di carattere bizantino. Al IX secolo risale il celebrato Velo di Class proveniente dal Museo Nazionale di Ravenna, a ricami con figurazioni di Santi, in una delicata armonia oro e rosso, che originariamente costituiva la cornice di un velo d'altare; al X la Casula di Bressanone, forse la più bella stoffa uscita dalle fabbriche imperiali di Costantinopoli, a grandi aquile campeggianti contro un sontuoso fondo di porpora; all'XI secolo va riferito il Pallio di Castell'Arquato raffigurante nelle due parti onde consta la Consacrazione del pane nell'Ultima cena e la Consacrazione del vino.Nella Dalmatica denominata a torto di Carlo Magno perché opera probabilmente del secolo XII, malgrado le menomazioni subite della Basilica di San Pietro a Roma, con la rappresentanza della Trasfigurazione da un lato, della Resurrezione e della Vita eterna dall'altro, l'arte del ricamo raggiunge finezze mirabili nella freschezza del colore, azzurro, grigio e oro, nel fluire delle linee, nella dignità delle figure, nel senso lirico della scena della Resurrezione governata dalle insistenti cadenze proprie dell'arte bizantina.Ma in Sicilia, forse già intorno al X secolo, malgrado che la denominazione araba vi avesse diffuso le sue stoffe decorate ad intrecci e forme geometriche che assumono il valore di un linguaggio musicale, e a Lucca, si lavoravano stoffe, inizio di una attività che diventerà gloriosa nei prossimi secoli. Ed è nota pure l'operosità di fabbriche a Catanzaro.Con Ruggero II specialmente le fabbriche palermitane acquistarono grande sviluppo. Egli le accolse nella sua stessa Reggia, come a Bisanzio avevano trovato luogo fin dal IV secolo nel Palazzo Imperiale. A Palermo i partiti ornamentali e cromatici importati dall'Oriente e dall'Islam vennero elaborati. Mentre le stoffe bizantine preferivano le colorazioni in rosso porpora, i azzurro cupo, in violaceo, e soltanto fra il X e l'XI secolo sentirono l'influenza della iridescente colorazione orientale, per la maggior parte le stoffe sicule amarono le gamme calde e variate, in una intonazione gemmea. E quanto agli schemi decorativi, se s'inspirarono all'Oriente e all'arte araba per le teorie di animali che animano i drappi, disposero le figure non più affrontate, bensì in movimento, l'una contro l'altra, separate da steli o piante stilizzate con schietto sentimento decorativo, sì da richiamare soltanto vagamente l'albero della vita caratteristico delle stoffe persiane; e secondo una linea verticale, benché di quando in quando riaffiori l'ordinanza a linee orizzontali ed a scomparti circolari inscriventi figure di animali, che è propria dell'arte romanico-bizantina, e trova nel fiammeggiante piviale di Bonifacio VIII del Duomo di Anagni la sua apoteosi. Le magiche scritte arabe si riscontrano in ogni tempo nelle stoffe siciliane, ma spesso esse disimpegnano una funzione puramente ornamentale.Da queste officine potè uscire la Casule di S. Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury accesa come dai riverberi di una fiamma, in un gioco lineare e ritmico su bizzarre suasive cadenze che definisce le figurazioni segnate di singolari accenti e intese in contrapposizioni di linee sul punto di risolversi in altre combinazioni e figure ritmiche. Certo la Casula di damasco verde (seconda metà del sec. XII) già nel tesoro i S. Pietro a Salisburgo, ora nella Collezione Abegg di Torino, della stessa qualità del manto dei sovrani siciliani, e quindi tessuta nelle manifatture reali a Palermo, a fini disegni verde su verde e una decorazione a oro puro e perle di balenante splendore. La vitalità di queste fabbriche si estende nel sec. XIV, come la fede il Piviale in broccato verde del Museo Civico di Torino.Accanto a Palermo, e con maggiore indipendenza dalla tradizione orientale e da quella araba, si sviluppa l'industria lucchese, che nel sec. XIII vantava tremila telai, Lucca derivò in parte i suoi schemi decorativi da Palermo su motivi zoomorfi e vegetali fantasticamente sentiti, ma predilesse altresì gli schemi a castelli, e comunque interpretò i partiti ornamentali di Oriente nei modi propri del linearismo gotico, differenziandosi nettamente per il disegno limpido, sempre nitidamente definito, anche quando non segue schemi regolari o fantastici; partecipando così dall'ordine, della razionalità, della purezza aurea dell'arte toscana. Si tende alla interpretazione del vero, pur nel vivo sentimento decorativo della linea, non alla ieraticità e alle solenni sequenze che le stoffe panormitane derivarono dai bizantini.Lucca ebbe segnatamente i diaspri, se pure derivati in un certo modo da prototipi orientali e siciliani, così denominati perché il fondo tenuto lucido e il disegno opaco determinano un morbido colore cangiante, una lucentezza madreperlacea che richiama talune maioliche dette diasperate. Si veda il Piviale del Museo Artistico Industriale di Roma, ad aquile e dromedari contrapposti in leggiadre figure ritmiche di un bel rosso ormai stinto, con notazioni in giallo e verde.Con Lucca s'entra in pieno nel periodo gotico, e ciò spiega anche le tendenze naturalistiche proprie di tutta l'arte del periodo. Nel secolo XIV si rompono decisamente, come parecchi degli esemplari or citati dimostrano, gli schemi immobili e solenni dell'arte romanica; gli animali e le piante, pur nella linea decorativa, vivono una loro vita intensa e talvolta drammatica, ora in lotta fra loro, ora insidiati da come da una forza oscura. S'avverte nelle stoffe l'influenza cinese che si fa strada rapidamente con i suoi ori preziosi, le sue fantasticherie raffinate che trasportano in un mondo di sogno, e le sue tecniche espertissime, pur non arrestandosi del tutto l'importazione dall'Oriente mediterraneo e asiatico, palese anche nei dipinti di taluni pittori, come nell'Incoronazione della Vergine di Paolo Veneziano a Brera, e in una tavola di Allegretto Nuzi della Pinacoteca di Fabriano.S'aggiunge l'importazione di stoffe d'opus anglicanum e d'opus theotonicum, queste soprattutto a ricamo, quelle rappresentate tuttora da splendidi esemplari, quali il Piviale di Pio II del Museo di Pienza, smagliante di colore, una gioia degli occhi e dello spirito nelle sue figurazioni eleganti, elegantemente inquadrate, e il Piviale con le storie della vita di Gesù del Duomo di Anagni di una armoniosa colorazione rosso e verde; ma il tessuto d'arte nostro mantiene propri i caratteri e li afferma ogni giorno di più.Lucca continua il suo ciclo perfezionando i modi e le tecniche a lei proprie, trasformando e segnando della propria impronta il rinnovamento che nell'arte tessile si determina durante il Trecento. Anzi l'emigrazione della sua gente a Firenze, Venezia, Bologna, crea altri centri di produzione, e innova le fabbriche già operose, mentre fiorisce sotto altri impulsi l'arte tessile pure a Genova.Nel secolo XIV si sviluppa notevolmente anche il ricamo. I ricamo italiano si differenzia da quello nordico che fu ricco di complicazioni ornamentali, per il disegno chiaro e largo, e la minore accentuazione dell'ornato gemmeo. LA materia decorativa è fornita dal mondo vegetale ed animale in un sentimento naturalistico che si giova largamente delle eleganze lineari gotiche.

tratto da http://www.ambientece.arti.beniculturali.it/

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