martedì 27 agosto 2013

1951-1960 La nascita della moda italiana

Il 12 Febbraio 1951 una sfilata organizzata da Giovanni Battista Giorgini (1898-1971) entusiasma giornalisti e buyer americani: è la nascita della moda italiana.
A Parigi due giovani talenti creativi – Pierre Cardin (1922) e Yves Saint Laurent (1936-2008) – si impadroniscono della scena dell’haute couture.

Il 12 febbraio 1951 Giovanni Battista Giorgini organizzò nella propria residenza fiorentina – Villa Torrigiani – una sfilata alla quale si fa convenzionalmente risalire la nascita della moda italiana. Le ragioni dell’importanza di quell’evento sono molteplici. Sulla passerella sfilarono creazioni sartoriali esclusivamente italiane di alcune fra le più importanti case di moda fiorentine, milanesi e romane, che accettarono di presentare i loro modelli in una sfilata collettiva. Inoltre, la manifestazione si svolse immediatamente dopo gli appuntamenti di moda parigini, un espediente pensato per incuriosire i compratori americani e indurli a prolungare il loro viaggio europeo sino a Firenze. Ai rappresentanti dei più importanti department store d’oltreoceano – I. Magnin di San Francisco, Henry Morgan di Montreal, B. Altman, Bergdorf Goodman e Leto Cohn Lo Balbo di New York – doveva essere ben chiaro che a Firenze li attendevano collezioni del tutto nuove, dal momento che alle case di moda italiane era mancato materialmente il tempo necessario per recepire ed elaborare le nuove tendenze lanciate dalle passerelle parigine. Di origini nobili, nel periodo fra le due guerre, Giovanni Battista Giorgini si era dedicato all’attività di rappresentante dei prodotti dell’artigianato toscano – paglie, maioliche, biancheria ricamata per la casa – che aveva commercializzato negli Stati Uniti, acquisendo una conoscenza molto approfondita del mercato e dei gusti americani. Sapeva che la produzione delle case di moda italiane – dall’alta sartoria ai modelli boutique, dalle creazioni per lo sport a quelle per il tempo libero – aveva tutte le carte in regola per soddisfare le esigenze di un mercato in cui la ricchezza diffusa aveva creato bisogni di consumo che non potevano essere appagati dalle creazioni esclusive ed elitarie proposte dagliatelier parigini. Da un articolo pubblicato dal magazine americano «Time» a commento della sfilata fiorentina, i lettori appresero che i modelli italiani costavano circa la metà di quelli francesi, ai quali non avevano nulla da invidiare. «Cause for worry», concludeva il giornalista: gli italiani stavano incominciando a impensierire seriamente i couturier francesi. A Firenze per l’Alta Moda romana sfilarono Simonetta, Carosa,Alberto Fabiani, le sorelle Fontana ed Emilio Schuberth (1904-1972) che, con l’accostamento dei colori e dei materiali delle sue creazioni, diede alla sfilata un contributo di gusto mediterraneo e di profonda conoscenza delle tradizioni sartoriali napoletane. Milano era presente con le creazioni delle sartorie Vanna eNoberasco, con le pellicce di Jole Veneziani(1901-1989), e con Germana Marucelli (1905-1983). Quest’ultima, considerata dagli storici della moda l’anticipatrice del New Look di Christian Dior, con l’aiuto di Franco Marinotti(fondatore della Snia Viscosa), era subentrata alla storica casa Ventura aprendo un proprioatelier, divenuto cenacolo di architetti, pittori, scultori, poeti. Per la moda boutique sfilarono i sarti milanesi Giorgio Avolio, le cui creazioni si caratterizzavano per i colori, i disegni e il taglio classico, e Franco Bertoli (1910-1960) che, al contrario, si distingueva per originalità e fantasia, doti affinate durante gli anni Trenta, quando la scarsità delle materie prime aveva costretto a far largo impiego di materiali di fortuna. Presentò i propri modelli anche Emilio Pucci (1914-1992), che a quell’epoca si era già aperto un varco nel mercato statunitense attraverso la stampa di moda e i grandi magazzini che commercializzavano i suoi modelli con il marchioEmilio. Vissuto all’insegna della conquista dei mercati internazionali, il decennio si concluse ribadendo la centralità della capitale: a Roma nel 1958 fu fondata la Camera sindacale della Moda italiana e, sempre a Roma, nel 1959 Valentino (1932) aprì la propria casa di moda.

TRATTO DA http://www.moda.san.beniculturali.it/wordpress/?moda=1951-1960-la-nascita-della-moda-italiana


L'ideatore delle sfilate in Italia


È il 12 febbraio del 1951. Il luogo: via dei Serragli 144, Firenze, casa Giorgini.L’evento è organizzato per promuovere la moda italiana. L’invito recita: “Lo scopo della serata è di valorizzare la nostra moda. Le signore sono vivamente pregate di indossare abiti di pura ispirazione italiana”. L’ideatore di tutto ciò è Giovanni Battista Giorgini. Discendente di un’antica famiglia nobiliare lucchese, è il primo ad intuire la potenzialità economica dell’artigianato italiano sui mercati internazionali, specialmente negli Stati Uniti.


Nella prima fase della sua attività si occupa di conoscere il mercato americano e di promuovere l’artigianato italiano. Lo fermano la crisi del '29 e l’autarchia fascista. Dopo la guerra riprende, grazie ai contatti con le forze alleate a Firenze, le relazioni con gli USA. Nel '47 organizza al Museo d’arte moderna di Chicago una mostra dal titolo Italy at work: un’esposizione del meglio del nostro artigianato, vetri, ceramiche, tessuti, pelletteria. Conquista cosìla fiducia dei grandi buyer e distributori tra Usa e Canada; gli stessi che troviamo in casa sua nel febbraio 1951 per il First italian high fashion show.


Mentre Parigi risorge dalla guerra e rinnova la grandezza della haute couture francese, in Italia alcuni creatori si muovono per far sviluppare le loro piccole e medie imprese. Giorgini si rende conto che nell’ambito della moda, molti sarti vogliono affrancarsi dal gusto parigino, essendo in grado di offrire prodotti competitivi per creatività e qualità. La sua conoscenza del mercato internazionale e i successi dei prodotti già esportati, lo portano a tentare un’impresa più incisiva: proporre un insieme di collezioni italiane per la primavera-estate 1951 ai “buyers” dei grandi magazzini, giunti in Europa per le sfilate parigine.


Per il First italian high fashion show sfilano: Carosa, Fabiani, Simonetta, le sorelle Fontana, Schuberth, Vanna, Noberasco, Marucelli e Veneziani. Nel frattempo, il marchese fiorentino Emilio Pucci, che ha già ottenuto un servizio fotografico su Harper’s Bazaar, invita i compratori a vedere la sua collezione a Palazzo Pucci. Gli accessori sono firmati da: Fratti, Canesi, Proyetti, Gallia & Peter, di Milano;baronessa Reutern, Romagnoli, Canessa, di Roma; Biancalani di Firenze. I compratori sono: Stella Hanania (I. Magnin, San Francisco), John Nixon (Henry Morgan, Montreal), Gertrude Ziminsky(B. Altman, NY), Ethel Francau, Julia TrisselJessica Davis(Bergdorf Goodman, NY), Hanna Troy e Martin Cole (Leto Cohn Lo Balbo, NY) e Ann Roberts (“importer” USA).


Anche la stampa presente è rigorosamente selezionata. “Ho ricevuto ottime notizie. Tutti sembrano interessati all’Italia e anche Voguelo è. Sono certa che faremo qualcosa insieme a breve scadenza”, sono le parole spedite a Giorgini da Bettina Ballard, allora fashion editor di Vogue. Un giorno di sfilate, un trionfo completo. Infatti, l’anno seguente si replica, ma in un ambiente meno “domestico”: ilGrand Hotel di FirenzeDopo qualche edizione le autorità fiorentine reputano di attribuire all’evento una cornice più consona per prestigio e dignità: la Sala Bianca di Palazzo Pitti. Molti nomi dei primi creatori della moda italiana sono blasonati; ma marchesi o principesse che siano, rivelano presto capacità imprenditoriali autonome, sono creativi e pieni di un fascino che attrae i buyer.


Da quel febbraio 1951 nuovi talenti si aggiungono ai primi: Capucci, Galitzine, Krizia, Valentino e Mila Schön. Nella sua casa, invece, Giorgini ospita i migliori uomini di cultura del tempo. Ogni anno arricchisce le sfilate con nuove iniziative, come la Textile promotion per coinvolgere anche l’industria tessile; ed è il primo a capire l’importanza della moda pronta e della cosiddetta linea boutique, un'intuizione che determina in seguito il trionfo mondiale del made in Italy. Si ritira nel '65, non prima di aver aperto la via verso il mercato giapponese.


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