L'open day dell'Istituto europeo di design: c'era anche l'amministratore unico della maison fiorentina
di Eva Desiderio
Firenze, 16 luglio 2015 - Sembra una cosa scontata ma non lo è proprio sottolineare il fatto che nella moda c'è bisogno oltre che del genio e della creatività anche di molta disciplina e spirito di sacrificio. Fuori dalla retorica e dall'enfasi dello stilista eccelso ma solo sognatore o di un sistema fatto più di fantasia che di regole. A rimettere l'orologio dello stile con le lancette a posto ci ha pensato stamani Toni Scervino, amministratore unico della maison Ermanno Scervino. "Nella moda serve talento ma tanto sacrificio”, ha detto Scervino partecipando all’Open Day dell’Istituto Europeo di Design di Firenze, presso la sede di via Bufalini, sul tema “Professioni del futuro tra moda e design” davanti a una sala gremita di studenti e operatori del settore. “Quello che serve nel mondo della moda è un po’ di talento, ma solo un poco – ha spiegato Toni Scervino agli studenti - e tantissimo sacrificio, sforzo, ostinazione”.
“Il talento conta – ha detto l’imprenditore della famosa casa di moda che ha sede a Firenze - ma sono molto più importanti la tenacia e la voglia di farcela. La prima regola è l’abnegazione, che va praticata a tempo pieno. In ogni momento bisogna essere ricettivi agli stimoli e praticare una vita quasi ascetica: la moda è divertente, ma quello dello stilista è un lavoro faticosissimo. Bisogna allenare la mano al disegno, conoscere i materiali e stare sempre a fianco degli artigiani, perché ci sono segreti che si apprendono solamente dopo anni”.
E poi bisogna tornare a valorizzare il lavoro manuale e l'esperienza, creando una catena di valori fra le generazioni per tramandare tecniche di lavorazioni che altrimenti andrebbero perdute. Conoscenza del prodotto e competenza, sguardo aperto sul molto ma difesa della manualità del territorio, artigianalità che incontra la tecnologia più avanzata, con una ricerca a tutto tondo, questa la ricetta del successo della maison che ha il suo headquarter nel comune di Bagno a Ripoli e ora sta puntando al mercato americano con l'apertura di una boutique a Miami e cinese con lo sbarco a Shangai.
“Oggi le esigenze del pubblico – ha detto Scervino - sono maggiori rispetto a qualche anno fa, c’è una presenza più forte di prodotti sul mercato, quindi se si vuole creare un oggetto interessante bisogna curarlo in moltissimi aspetti. Venti o trenta anni era sufficiente un disegno per ottenere un capo di vestiario o un accessorio, oggi c’è l’esigenza di un team di persone che lavorino in sinergia”. Poi rispondendo a una domanda sul rapporto tra retail e e-commerce, Scervino ha aggiunto: “Una cosa non penalizza l’altra: esiste il momento in cui il cliente non sa esattamente cosa vuole, desidera scegliere un oggetto e quindi va in negozio, e il momento in cui non ha tempo e sa esattamente quello che vuole, quindi decide di comprare online. L’e-commerce non può sostituire completamente lo store, il negozio fornisce l’immagine, l’identità di un brand, è una vetrina che aiuta la vendita online. Uno spazio in una via centrale di una città importante suscita il desiderio di un acquisto, anche non immediato”. All'incontro allo Ied ha partecipato anche l’ideatrice di Vogue Talents Sara Maino, caporedattore di "Vogue Italia".
“Negli anni la qualità dei designer si è abbassata. Internet e i social media hanno fatto perdere molto il senso della realtà ai giovani. Bisogna fare un passo indietro, staccarsi da Instagram e tornare sui libri - ha detto Sara Maino - riappropriarsi dell’artigianato, della manodopera. Bisogna essere curiosi, apprendere i metodi tradizionali e allontanarsi da tutto ciò che è volatile e irreale”. "Ermanno Scervino - ha detto Alessandro Colombo, direttore dell’Istituto Europeo di Design intervenendo all’incontro - è un azienda toscana che porta nel mondo il valore dell'artigianalità e del territorio. Prima di entrare nella conferenzaToni Scervino mi ha chiesto se poteva dire che lavorare nella moda è duro e faticoso e ci vuole molta tenacia, ho chiaramente risposto di si, è inutile nascondere ai futuri designer che per avere successo ed avere soddisfazioni da l proprio lavoro sarà necessario lavorare con caparbietà e massima dedizione




indispensabili nella vita di ogni giorno in Corea. Tutti i coreani, indipendentemente dal loro grado sociale, li adoperavano spesso per una varietà di usi. A parte il loro uso pratico, oggigiorno questi fazzolettoni sono tornati di moda, quasi come oggetti d'arte, e sono molto considerati come opere di artigianato popolare da parte degli stranieri.
possono grosso modo suddividere in kungbo (
le loro merci, ilhuribo, indossato attorno alle spalle quando si viaggiava, il sangbo, usato per coprire un tavolo, l'ibulbo, usato per contenere le cose del letto (materassino e coperte), lo hampo, usato per avvolgere una scatola con regali di nozze, e il pandigŭrŭtpo, che si usava per metter via le cose per il cucito.
possambo, per portare via (con la forza) una vedova in una pratica derivata da un consenso sociale implicito alle sue seconde nozze.
un carattere superstizioso in quanto venivano prodotti nella speranza di portare fortuna a chi li usava. È da lungo tempo che i coreani credono che qualcosa prodotto con grande sforzo possa contribuire alla buona sorte. Oggi il pojagi attira sia per il suo uso pratico che per il suo valore estetico e artistico.
ammirate in tutto il mondo. Come opere d'arte sono state dapprima scoperte dai giapponesi. Oggi le sue creazioni sono esposte non solo nel Museo del Folclore Nazionale in Corea, ma anche nel Museo di arte asiatica di Seattle, negli Stati Uniti.


Nota: Cliccando su un carattere cinese studiato nelle scuole medie ne viene visualizzata la scheda.